Autore: Andrea Marcolongo
Editore: Laterza
Genere: saggio
Pagine: 198
Trama
Vi siete mai chiesti perché, pur avendo dovuto tutti leggere l’Eneide a scuola, fatichiamo a ricordare qualcosa che non sia la fuga da Troia o la grande storia d’amore tragico con Didone? Perché abbiamo così facilmente dimenticato gli epici racconti sulle mitiche origini di Roma e del suo impero? Forse perché i versi del poema di Virgilio non sono adatti ai momenti in cui le cose filano lisce e allora si va in cerca di avventura nella letteratura. Il canto di Enea è destinato al momento in cui si sperimenta l’urgenza di raccapezzarsi in un dopo che stordisce per quanto è diverso dal prima in cui si è sempre vissuto. Enea è l’eroe che vaga nel mondo portandosi sulle spalle anziani e bambini. È colui che viaggia su una nave senza nocchiero alla ricerca di un nuovo inizio, di una terra promessa in cui ricominciare. È l’uomo sconfitto, colui che non ha più niente tranne la capacità di resistere e di sperare. Un personaggio quanto mai attuale.
Recensione
È vero. L’Eneide è un poema maltrattato da tutti e scolasticamente sacrificato.
Relegato al fondo del libro di epica, la mia professoressa d’italiano l’aveva liquidato come “incompleto, strumentalizzato e non degno di nota”. Era una pessima insegnate (N.d.A.).
In questo libro, non semplice, Andrea Marcolongo ci regala, finalmente, le chiavi di lettura del poema, ridando una dignità all’eroe Enea. Personaggio spesso considerato smidollato, specie se paragonato ad Achille, Ulisse e altri eroi della mitologia.
Assodato che Enea smidollato non era, districandomi, ripeto, con difficoltà (sicuramente per limiti miei) nella narrazione. Al di là dell’aspetto tecnico/etimologico ho apprezzato diverse parti dell’opera.
In primis il concetto di “fatum”, “fato”, parola tradotta comunemente in “destino”, mentre l’autrice ci indirizza verso un più lucido “obbligo”.
“Fa non es”, “non è dato”, “non è concesso”, e questa non solo è un’importante chiave di lettura dell’Eneide, ma può anche essere un punto di vista interessante dal cui guardare la vita.
Ho apprezzato anche moltissimo la spiegazione della “pietas” virgiliana: non fede, non misericordia, ma piuttosto avere uno scopo, fare ciò che si deve con senso del dovere e dignità.
Degna di nota l’interpretazione della storia tra la regina Didone ed Enea, con l’invito al dibattito sulla questione femminile nel mito classico.
In ultimo, ho trovato fondamentale il lavoro dell’autrice che, punto per punto, ha demolito la strumentalizzazione che il fascismo aveva fatto dell’opera di Virgilio. Retaggi che ancora oggi sono fissati nella cultura popolare italiana.
Enea, Virgilio, e la stessa scrittrice in questo libro ci danno diverse lezioni e non una soltanto. L’eroe è un personaggio che spera e resiste, e in questo è un esempio. Ho capito perché Andrea ha voluto questo parallelismo con i fatti che stiamo vivendo durante la pandemia, trovo, tuttavia, che l’esempio di Enea sia utile per chi è καλὸς καὶ ἀγαθός, o quantomeno non proprio alla portata di tutti.
Consiglio questo libro? Assolutamente! A chi è appassionato, curioso, disposto a mettersi in discussione e anche un po’ a soffrire (come nel mio caso, ogni volta che leggo un libro di quest’autrice mi rendo conto di avere delle lacune che sono più simili a voragini.)