Era il sei Marzo del 1853. 165 anni fa, per la prima volta al teatro della Fenice di Venezia, andava in scena la Traviata di Verdi.
Tragedia d’amore ispirata al libro “La signora della Camelie” di Alexandre Dumas. La cui aria “libiamo nei lieti calici” è la mia preferita di sempre. Un inno alla vita, alla spensieratezza e all’amore.
“Libiamo, libiamo ne’ lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol’ora
s’inebrii a voluttà.
Libiam ne’ dolci fremiti
che suscita l’amore,
poiché quell’occhio al core
Onnipotente va.
Libiamo, amore; amor fra i calici
più caldi baci avrà.”
La storia di per se è triste, la protagonista, Violetta, muore di tubercolosi. Il titolo originale dell’opera, difatti, doveva essere “amore e morte” a simboleggiare la “purificazione” di Violetta. Cortigiana dalla vita scandalosa, che per amore di Alfredo ed in seguito a causa della sua malattia, si ritira dalla vita dissoluta e si redime.
Di quest’opera Verdi scrisse, in una lettera al librettista Francesco Maria Piave:
« Ti prego dunque di adoperarti affinché questo soggetto sia il più possibile originale e accattivante nei confronti di un pubblico sempre teso a cercare in argomenti inusuali un confine alla propria moralità »
La Traviata fu la prima opera a soggetto contemporaneo e non mitologico. Il libro di Dumas era del 1848. Difatti le prime rappresentazioni diedero scandalo, ma con il passare degli anni divenne un successo strepitoso. Oggetto di moltissime rivisitazioni. Tra cui forse la più famosa fu quella di Luchino Visconti con l’interpretazione di Maria Callas nel ruolo di Violetta.
Quello che rimane dell’opera è un grande impatto emotivo. Secondo Violetta : «Tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer», lei vive in una festa perenne, non si sofferma su nulla. I suoi piaceri, così come i suoi amori, sono fugaci. È circondata da persone futili che ballano, bevono e gozzovigliano. In un circolo epicureo della soddisfazione momentanea.
Ama Alfredo, ma l’amore la coglie come una grande sofferenza, perché per la prima volta si confronta con un sentimento puro:
“Di quell’amor ch’e’ palpito
Dell’universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.”
Soltanto la morte eleverà completamente il suo spirito allontanandola definitivamente dalla dissolutezza della vita terrena.